

Di più, con questa sentenza si sancisce per l’ennesima volta che colpevoli non sono gli squadristi, ma gli antifascisti che li contrastano. Dunque nella forma penale dell’istigazione a tutti gli effetti siamo di fronte ad un reato di opinione. Il reato di Matteo, secondo la “giustizia” italiana, è stato aver semplicemente partecipato ad una manifestazione antifascista. L’accusa era talmente priva di fondamento che il tribunale è stato costretto a “limitarsi” a condannare Matteo, assieme ad altri 3 manifestanti, per “concorso morale”. In sede di processo, per colpevolizzare gli antifascisti, si è tentato di accusare Matteo di aver aggredito i celerini. Per buona pace di una retorica che vorrebbe la Costituzione essere nata dalla Resistenza al nazifascismo. Come troppo spesso accade, le istituzioni e la polizia anziché impedire l’ennesima apologia di fascismo si sono schierati a difesa dei fascisti ed hanno represso la manifestazione antifascista a colpi di manganello con cariche ripetute.

La sua colpa è aver partecipato ad una manifestazione antifascista che il 28 ottobre 2011 si voleva opporre alla celebrazione della marcia su Roma indetta dall’organizzazione neofascista Fiamma Tricolore. #elettritv Matteo Parlati, bassista della Banda POPolare dell’Emilia Rossa e operaio metalmeccanico alla Ferrari di Maranello, è stato condannato a 6 mesi di reclusione (con pena sospesa) e al pagamento di 3 mila euro come ammenda pecuniaria più le spese legali.
